10 Febbraio: Santa Scolastica
PREGHIERA A SANTA SCOLASTICA
Oh Santa Vergine Scolastica, nel lasciare questa terra non dimenticarci!
Le anime nostre sono destinate a seguirti, sebbene sian prive del medesimo incanto agli occhi del Signore. Meno fortunate della tua, esse dovranno purificarsi per lungo tempo prima d’essere ammesse nel soggiorno ove contempleranno la tua beatitudine.
La tua preghiera obbligò le nubi del cielo a piovere sulla terra: ch’essa ci ottenga le lacrime della penitenza. Le tue delizie consistevano nella conversazione intorno alle cose eterne: rimuovi le nostri futili e nocive: facci gustare quelle nelle quali le anime nostre aspirano ad unirsi a Dio.
Tu trovasti il segreto di quella fraterna carità, il cui sentimento è un profumo di virtù che allieta il cuore di Dio: apri i nostri cuori all’amore verso i fratelli; elimina la loro freddezza e indifferenza, onde possiamo scambievolmente amarci come Dio vuole che ci amiamo
Amen
SANTA SCOLASTICA
Scolastica nacque attorno al 480 da una nobile famiglia di Norcia, in Umbria, in un paesaggio che aiutava la contemplazione di Dio attraverso il creato.
Sorella gemella di san Benedetto, fin da bambina aveva avuto una particolare attrazione per la vita consacrata a Dio. La preghiera, pura e ardente, e il desiderio del Cielo erano molto forti in lei. Il legame con Benedetto andava sempre più rafforzandosi grazie alla scelta comune della vita monastica che li rendeva in Cristo un’unica anima. Ella fu la prima monaca benedettina, in quanto fondò un monastero vicino a Piumarola, dando origine all’Ordine delle Benedettine, ramo femminile del medesimo ordine maschile fondato dal fratello.
Da monaca era solita fare visita al fratello una volta all’anno. San Gregorio Magno così descrisse l’incontro:
“L’uomo di Dio scendeva ad incontrarla in una dipendenza del monastero, non molto lontano dalla porta. Trascorsero l’intera giornata nella lode divina e in colloqui spirituali, e quando ormai stava per calare l’oscurità della notte, presero cibo insieme. Sedevano ancora a mensa conversando di cose sante, e ormai s’era fatto tardi, quando la monaca lo supplicò dicendo:
«Ti prego, non lasciarmi questa notte; rimaniamo fino al mattino a parlare delle gioie della vita celeste». Ma egli rispose: «Che dici mai, sorella? Non posso assolutamente trattenermi fuori dal monastero». Il cielo era di uno splendido sereno: non si scorgeva neppure una nuvola.
Udito il rifiuto del fratello, la monaca pose sulla mensa le mani intrecciando le dita e reclinò il capo su di esse per invocare il Signore onnipotente. Quando rialzò la testa, si scatenarono tuoni e lampi così violenti e vi fu un tale scroscio di pioggia, che né il venerabile Benedetto, né i fratelli che erano con lui poterono mettere piede fuori della casa in cui si trovavano.
La vergine consacrata, reclinando il capo sulle mani, aveva sparso sulla mensa un tale fiume di lacrime da volgere in pioggia, con esse, il sereno del cielo. E la pioggia torrenziale non seguì di qualche tempo la sua preghiera, ma fu ad essa simultanea, a tal punto che mentre ancora la donna alzava il capo dalla tavola, già scoppiava il tuono; tutto avvenne nel medesimo istante; col sollevare del capo la pioggia incominciò a scrosciare.
L’uomo di Dio, vedendo che in mezzo a tali lampi, tuoni e tanta inondazione di acqua non poteva affatto ritornare al monastero, cominciò a rammaricarsene e, rattristato, le disse: «Dio onnipotente ti perdoni sorella. Che hai fatto?». Ma ella rispose: «Vedi, io ti ho pregato, e tu non hai voluto ascoltarmi. Ho pregato il Signore, ed Egli mi ha esaudita. Ora esci, se puoi; lasciami pure e torna al monastero».
Ma egli non potendo uscire, fu costretto a rimanere suo malgrado là dove non aveva voluto fermarsi di sua spontanea volontà. Passarono così tutta la notte vegliando e saziandosi reciprocamente di sante conversazioni concernenti la vita dello spirito. Il giorno seguente tutti e due, fratello e sorella, fecero ritorno al proprio monastero.
Tre giorni dopo Benedetto era in camera a pregare. Alzando gli occhi vide l’anima della sorella che, uscita dal corpo, si dirigeva in figura di colomba, verso le misteriose profondità dei cieli. Ripieno di gioia, rese grazie a Dio onnipotente con inni e canti di lode, poi andò a partecipare ai fratelli la sua dipartita.
Ne mandò poi subito alcuni, perché trasportassero il suo corpo nel monastero e lo seppellissero nel sepolcro che aveva preparato per sé. Avvenne così che neppure la tomba poté separare quelle due anime, la cui mente era stata un’anima sola in Dio.”